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Retribuzioni e pensioni: riflessioni sul divario di genere

// Lisa Corrarati //
Il gender gap retributivo e pensionistico è stato il tema dell’incontro che si è svolto a Bolzano, dedicato al tema delle retribuzioni e pensioni. Un’occasione per riflettere e sensibilizzare i cittadini sul tema delle disuguaglianze di genere.
© Brett Jordan/Unsplash
Il divario di genere in Alto Adige è ancora molto elevato: 1.661 euro al mese la pensione media maschile, contro gli 804 euro al mese percepita dalle donne per quanto riguarda il lavoro dipendente nel settore privato.

Questa differenza, indicata come Gender Pension Gap, definisce la differenza tra pensione media di un lavoratore e quella di una lavoratrice. La situazione non diventa molto più rosea però guardando i dati del settore pubblico, dove la pensione media percepita dalle donne è il 31 % più basso rispetto a quella dei colleghi maschi. Anche il lavoro autonomo in Alto Adige registra dati penalizzanti per le donne, con un importo dell'assegno pensionistico percepito con il -37 % rispetto agli uomini.
Questi dati sono stati presentati nell'ambito di un incontro che si è svolto a Palazzo Widmann a Bolzano, dedicato a "Retribuzioni e pensioni: riflessioni sul divario di genere". L’evento è stato organizzato da Inps in collaborazione con Pensplan Centrum S.p.A. Un'occasione per riflettere e sensibilizzare i cittadini sul tema delle disuguaglianze di genere.
La differenza di genere è significativa
Il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher, presente all’evento, ha salutato con favore l'iniziativa, ritenendo fondamentale il lavoro di sensibilizzazione.

Il tema delle differenze di genere e della partecipazione al lavoro nel mondo femminile è sempre più un tema di attualità. Anche il G20 si è occupato di gender quality, tracciando una road map con obiettivi di politiche per la valorizzazione dei talenti e l’incremento della presenza femminile nel mondo del lavoro. I dati ci mostrano che a livello nazionale il divario retributivo rimane significativo. In provincia di Bolzano, ad esempio, il livello retributivo medio annuale maschile nel settore privato ammonta a circa 26mila euro mentre quello femminile a poco più di 16mila euro. A livello nazionale la retribuzione media nella pubblica amministrazione, le donne guadagnano circa 28mila euro all’anno, i maschi 38mila. In Alto Adige tali retribuzioni sono in media più elevate, ma la differenza di genere rimane senz’altro significativa: 45mila euro all’anno per gli uomini contro 31mila per le colleghe donne. Il divario si attenua, solo in parte, per la media delle pensioni femminili e maschili tra i lavoratori autonomi e nel settore pubblico. Analizzando il dato relativo alla previdenza complementare, la disuguaglianza di genere rimane ancora molto evidente. Il saldo delle posizioni maturate nei fondi pensione convenzionati con Pensplan (Laborfonds, Plurifonds, Raiffeisen Fondo Pensione Aperto e Pensplan Profi) mostrano una differenza fino al 38 % tra aderenti maschi e femmine, nuovamente a sfavore di quest’ultime. Al momento dell’erogazione della prestazione ciò si traduce in una pensione complementare ancora una volta più bassa per le donne.
Lavoro femminile comporta sviluppo economico
A discuterne, dopo il saluto introduttivo del Presidente della Provincia autonoma di Bolzano sono stati la presidente di Pensplan Centrum S.p.A., Johanna Vaja, la Presidente del Comitato Unico di Garanzia INPS, Maria Giovanna De Vivo, unitamente alle Presidenti dei Comitati per l’Imprenditoria femminile presso le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento e Bolzano, rispettivamente Claudia Gasperetti e Marina Rubatscher Crazzolara con le conclusioni della Vicepresidente INPS, Marialuisa Gnecchi.
Ha moderato l'incontro Alberto Faustini, direttore de "L'Adige" e dell'"Alto Adige". Maria Giovanna De Vivo Presidente CUG - INPS ha osservato che nel corso della pandemia, il lavoro agile ha garantito alle lavoratrici e ai lavoratori dell’Istituto la possibilità di conciliare vita lavorativa ed esigenze familiari, senza penalizzare il lavoro ordinario. È stata portata l’attenzione sul mondo dell’impresa con un focus dedicato ai progetti volti allo sviluppo dell’imprenditoria al femminile in entrambe le province (di Trento e Bolzano) e alla necessità di politiche che valorizzino e sostengano il lavoro in proprio delle donne. Tutto ciò comporta sviluppo economico, occupazione, aumento del PIL e contribuisce alla sostenibilità pensionistica.
In occasione di un incontro a Bolzano si è parlato del gender gap retributivo e pensionistico. © Pensplan Centrum S.p.A.
Servono più servizi alle famiglie
In conclusione, la Vicepresidente INPS, Marialuisa Gnecchi ha osservato che “senza una reale condivisione delle responsabilità familiari, e dei lavori di cura, tra uomini e donne, non si risolveranno i problemi che penalizzano le donne nell’occupazione, nelle retribuzioni, nella possibilità di carriera e di conseguenza nelle pensioni. Servono più servizi alle famiglie, che diventino anche posti di lavoro qualificati, asili nido, scuole per l’infanzia e scuole primarie a tempo pieno; centri diurni per anziani e servizi per tutte le età”. La disparità nella divisione dei ruoli nella nostra società porta a gravi squilibri tra i curricula lavorativi di uomini e donne, con conseguenze in termini retributivi e pensionistici. Risulta importante un cambio di prospettiva, accompagnato da strumenti concreti che aiutino le donne a costruire la propria stabilità economica anche a lungo termine. La decrescita demografica e una pensione inadeguata non sono problemi delle donne, ma le criticità di una società ed di un sistema che vanno affrontate in rete per costruire un nuovo sistema adeguato alle sfide del tempo, dove il mercato richiede competenze sempre più trasversali, creative, tecniche, digitali, di autonomia e responsabilità nel mondo del lavoro, che le donne imprenditrici e le libere professioniste al momento stanno dimostrando di possedere.

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Young | Mut zum Sprechen
Studentinnen und die Ungerechtigkeit in der Arbeit

// Kathinka Enderle //
Die finanziellen Unterschiede im Berufsleben werden jährlich zum Equal Pay Day aufgegriffen. Auch Studentinnen verdienen es, eine Stimme zu bekommen, wenn sie von ihren Erfahrungen rund um Ungerechtigkeiten, Vorurteile und Bezahlungen in Studentenjobs erzählen.
© cocoandwifi/pixabay
Nadine ist 20 Jahre alt und studiert Soziologie. Nach ihrem Studium möchte sie mit Menschen mit Behinderung arbeiten. Um in der Zwischenzeit Berufserfahrungen zu sammeln, arbeitet sie nebenbei als Begleiterin von behinderten Menschen.
Nadine erzählt, dass es im Pflegebereich durchaus Unterschiede zwischen der Behandlung von Frau und Mann gibt. „Bei den männlichen Betreuern ist es bei meiner Arbeit so, dass diese nur männliche Klienten bekommen, während wir Frauen jede*n betreuen müssen. Wir dürfen uns die Klient*innen nicht aussuchen. Trotzdem merke ich deutlich, dass unsere Klient*innen mehr Vertrauen zu uns Frauen fassen. Männliche Betreuer sind öfters hilflos, wenn es um die Periode geht. Ich bekomme öfters komische Blicke ihrerseits mit, wenn diese Themen angesprochen werden. Auch das Wechseln der Windeln stellt manchmal ein Problem dar. Den Care-Aspekt übernehmen immer noch größtenteils wir Frauen – wir sind die Bezugspersonen.“ Während des Gesprächs über die Arbeit als Studentin erzählt Nadine auch, dass sie Berufserfahrungen in einer Schule machen konnte. „In der Schule ist es ganz anders als im Pflegeberuf. Die Schüler*innen haben viel mehr Respekt vor Männern als vor Frauen, das merkt man als Lehrperson. Menschen mit Behinderungen akzeptieren jeden gleich, aber in der Gesellschaft ist das nicht so. Jugendliche schauen eher zu Männern auf, Frauen rücken trotz derselben Bildung in den Hintergrund.“ Auch die Aufgabenverteilung ist verschieden. „Im Pflegeberuf kommt es auf die Aufgaben und die Beeinträchtigung an. In der Schule hingegen haben die Lehrer das Sagen, die Lehrerinnen sind ihnen untergestellt. Das war meine Erfahrung.“ Sobald das Thema Bezahlung angesprochen wird, schmunzelt Nadine. „In der Schule verdienen Männer mehr als Frauen. Im Pflegebereich verdienen wir Student*innen alle gleich viel. Das Problem liegt aber darin, dass Frauen viel mehr machen. Auch mit einem Blick in die Zukunft ist die Aussicht nicht rosig. Kaum haben wir unseren Abschluss ändert sich die Bezahlung, trotz besserer Qualifikation. Ab da bekommen meine Kollegen mehr bezahlt, wie in den meisten öffentlichen Stellen. Dabei sind wir Frauen die treibende Kraft und rund um die Uhr da. Der Unterschied ist groß, im Beruf sowie finanziell.“
Von der Politik wünscht sich Nadine, dass Frauen mehr verdienen, vor allem wegen der schweren Arbeit und den vielen Überstunden. Viele würden aufgrund der generellen schlechten Arbeitsbedingungen den Job wechseln. „Viele hängen den Job im Pflegebereich an den Nagel und suchen sich etwas anderes. Leiden tun dabei die, die gepflegt werden müssen.“
„Für eine Frau machst du das gut“
Sonja hingegen ist 24 Jahre alt und studiert International Health & Social Management. Aktuell arbeitet sie nebenbei als Sachbearbeiterin für eine private Krankenversicherung. Nach ihrem Abschluss möchte sie weiterhin im Gesundheitsmanagement tätig sein. Auf die Frage „Warum?“ wirkt sie nachdenklich. „Um etwas zu bewegen. Ich will eine Änderung im Gesundheitssystem erzielen. Es läuft von vorne bis hinten schlecht“, so Sonja. „Am schlimmsten ist, dass Patient*innen sowie Pfleger*innen zu kurz kommen. Unfairer Lohn, keine ausreichende Behandlung, viele Sachen gehen unter und Patient*innen werden nicht gehört. Dafür gibt es aber auch keine Kapazitäten.“
Bevor sie in dieser Branche ihre Arbeit als Werksstudentin begonnen hat, schnupperte sie in die Welt der Chemieindustrie. Während sie in ihrer jetzigen Arbeit finanziell zufrieden ist, da sich der Lohn nur nach Ausbildungsgrad richtet, traf sie in der Chemieindustrie auf größere Ungerechtigkeiten. „Man wird als Frau für schwächer gehalten. Dort herrschen typische Frauenvorurteile: Frauen schaffen nicht viel und sind zu launisch. Das Gefühl aufgrund meines Geschlechts unrechtmäßig behandelt zu werden war groß. Mein Exfreund zum Beispiel hat mehr verdient als ich. Bei mir waren es 18 Euro, bei ihm 21 Euro die Stunde. Wir haben dieselbe Arbeit gemacht.“ Auch sexuelle Belästigung war keine Seltenheit. „Männliche Arbeitskollegen belästigten mich in und außerhalb der Arbeit. Sie kamen mir zu nahe, ich fühlte mich unwohl.“ Auch in der aktuellen Arbeit erfährt sie Belästigung. „Ich trage aufgrund komischer Komplimente keine engen Klamotten mehr bei der Arbeit.“
„Mein Wunsch an die Politik? Dieselbe Bezahlung wäre fein. Es wäre generell wichtig, jeden Menschen individuell anzuschauen. Man wird überall zu schnell über einen Kamm geschoren.“
Vorurteile? Davon ist weit und breit jede Spur zu sehen.
Auch Sarah, 21 Jahre alt und ursprünglich aus Afghanistan, erzählt unschöne Geschichten. Sie studiert Lehramt und wollte nebenbei als Telefonistin in einer Notrufzentrale arbeiten. Beim Bewerbungsgespräch wurden ihre Fähigkeiten ignoriert. Wichtiger waren Fragen darüber, ob sie zwangsverheiratet werden würde, genauso wie Bemerkungen zu ihrer Herkunft, obwohl Sarah perfekt unsere Sprache beherrscht. „Für mich war das kein Vorstellungsgespräch, sondern eine Befragung. Es war wichtig, ob ich in ihr ‚Schema‘ passe.“ Den Job hat sie nicht bekommen. Der Grund für die Absage war, dass sie eine Frau mit zierlicher Figur sei. Die Möglichkeit, das Gegenteil zu beweisen, bekam sie nicht.
Von der Politik wünscht sie sich Gleichberechtigung am Arbeitsmarkt und eine stärkere Einkommenstransparenz. „Wieso bekommen Männer seit Jahren eine höhere Bezahlung als Frauen? In manchen Berufen werden Männer bevorzugt, weil sie keine Kinder zur Welt bringen und ‚keinerlei Probleme und Verpflichtungen‘ haben. Frauen sind nach wie vor auf vielen Ebenen in Führungspositionen unterrepräsentiert.“
Studentinnen machen sich viele Gedanken und erzählen von Erlebnissen, die sie nie erfahren sollten. Gleichstellung ist und war schon immer ein Kampf. Es gilt so lange weiterzukämpfen, bis keine einzige mehr im Beruf und Alltag Ungerechtigkeiten erfahren muss. Wie Jeff Kinney einst sagte: „Je mehr Frauen bestärkt werden, desto besser wird unsere Welt.“