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Mi preme dire chi sono

// Redazione //
Orfana a 4 anni, ebrea per parte di madre, Adriana Viktoria Zanellato fu arrestata dalla Gestapo a 7 anni. Si salvò dalla deportazione ad Auschwitz grazie ad un amico dei genitori.
Adriana Viktoria Zanellato (al centro) rimasta orfana a 4 anni venne accudita dalla zia materna Ilse Eckstein Komblum, giunta da Berlino a Soprabolzano assieme alla figlia Ruth, ritratte nella foto. La zia e la cugina, arrestate dalla Gestapo a Bolzano, furono deportate al lager di Auschwitz dove morirono. © Adriana Viktoria Zanellato
Ad Adriana Viktoria Zanellato, una ex insegnante altoatesina, preme affermare la propria identità: una sudtirolese cattolica, ma, per metà, di origine ebraica, che ha rischiato la deportazione e la morte ad Auschwitz. Lo dice senza astio, ma il suo destino ha segnato il suo essere. Per la prima volta ha voluto esternare la sua identità, come un’impellenza necessaria, al suo futuro marito, un bavarese, e, in seguito, ai suoi figli. Oggi lo dice ai suoi concittadini, aiutando con la sua narrazione a far riemergere dal silenzio un tassello tragico della storia altoatesina fra le due guerre mondiali. Tra nazionalsocialismo e fascismo e le leggi razziali, molte altoatesine e molti altoatesini furono vittime, ma anche carnefici o spettatori.
Mi ritengo fortunata
Figura all’apparenza fragile, Adriana Viktoria rivela un cuore forte. Lei si ritiene una persona fortunata. Se è divenuta una donna serena ed equilibrata lo deve al coraggio e all’amore incondizionato di una coppia di Soprabolzano, Hans e Luisa Pattis. Amici dei suoi genitori, i Pattis divennero i suoi genitori affidatari. Come ricorda Adriana Viktoria, da bambina, in quanto ebrea, era stata fatta spesso oggetto di odio e spregio da varie persone del paese. Adriana Viktoria Zanellato è nata nel 1936, figlia di una ebrea, la pianista Grete Komblum, tedesca originaria della Slesia (nell’attuale Polonia) e di un ufficiale dell’esercito italiano, Dante Zanellato, originario di Roma. La coppia si era stabilita sul Renon nel 1931 e aveva stretto amicizia con Hans e Luisa Pattis. Nel 1939 la madre di Adriana Viktoria morì e nel 1940, ad Addis Abeba, perse la vita in guerra anche il padre. Dopo la scomparsa della madre, Adriana Viktoria, orfana a soli quattro anni di età, venne accudita dalla sorella maggiore della madre, Ilse Eckstein Komblum, giunta da Berlino con la figlioletta Ruth a Soprabolzano. Hans Pattis era maresciallo di un corpo per il mantenimento dell’ordine pubblico, del Sicherungsordnungsdienst SOD, ed, essendo a conoscenza delle misure repressive nei confronti degli ebrei che si stavano preparando, avvisò la zia Ilse di nascondersi. Lei, però, convinta di essere benvoluta da tutti e di non aver fatto nulla di male, non gli diede retta. Ilse, Ruth e Adriana Viktoria furono denunciate da un solerte delatore sudtirolese che, avendo la famiglia in vacanza a Soprabolzano, era venuto a conoscenza delle loro origini ebraiche. Così, il 22 settembre 1943, furono arrestate e portate a Bolzano, all’Hotel Luna in via Bottai, dove c’era il comando della Gestapo. Ma Hans Pattis, nel suo ruolo di maresciallo della SOD, insistette perché Adriana Viktoria fosse liberata: era, infatti, figlia di un ufficiale italiano, non ebreo, morto in guerra per la patria. Assumendosi personalmente la responsabilità della bambina, che aveva solo 7 anni, riuscì a salvarla da un destino terribile, toccato a molti ebrei, di deportazione nel lager di Auschwitz e di morte certa. Non riuscì, però, a salvare la zia e la cugina, che furono così deportate ad Auschwitz, dove morirono poche settimane prima che le truppe sovietiche liberassero il campo.
Storie di famiglie ebree ripescate dal passato
La triste storia di Adriana Viktoria Zanellato è una delle storie di dieci famiglie altoatesine di origini ebraiche, finora taciute o poco note, che vengono raccontate nella serie di brevi filmati “Das jüdische Südtirol”. Sono stati realizzati dalla giornalista e documentarista Jutta Kußtatscher in collaborazione con la storica Sabine Mayr e con lo storico Joachim Innerhofer. I due storici sono gli autori del volume “Quando la patria uccide - Storie ritrovate di famiglie ebraiche in Alto Adige” (Edizioni Raetia) con il quale per la prima volta hanno fatto luce su questo triste capitolo della storia altoatesina taciuto finora. Da un lato, infatti, sono capitoli storici scomodi, dall’altro si tratta di un vissuto impattante, spesso non narrato dai protagonisti ai propri eredi. I filmati sono stati prodotti da TV&Videoproduktion Jiri Gasperi, Brunico.
© Edition Raetia

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Donne in marcia – Frauenmarsch scuotere l’Alto Adige

// Redazione //
Il 25 settembre del 2021 centinaia di persone sono scese in piazza a Bolzano per scuotere le anime e far sentire a voce alta la propria protesta contro ogni forma di violenza e disuguaglianza di genere. Sono state molteplici le associazioni femminili e reti femministe che hanno aderito all’appello, presentando un manifesto con proposte di azione concrete. La giornalista Anita Rossi, una delle molte organizzatrici, ha partecipato alla realizzazione del breve filmato di Pia Profanter (visibile su youtube) che raccoglie le voci di protesta.
Durante la marcia sono state allestite delle sedie con i nomi delle vittime dei feminicidi e alcuni slogan femministi che ora circolano nei comuni altoatesini © Manuela Tessaro
Qual è stato il motivo per cui siete scese in strada?
La nostra società ha un problema: la vita delle le donne è pericolosa, a prescindere da quanti anni abbiano, da dove vengano, dal loro aspetto o da ciò che fanno o non fanno. Non possiamo più girarci dall’altra parte e far finta di niente. Per troppo tempo noi donne ci siamo adagiate sulle conquiste delle nostre madri e delle nostre nonne. Ci siamo sentite tutelate dalla legge. Eravamo convinte che il nostro corpo ci appartenesse e che volendolo, avremmo potuto raggiungere le stelle. Ci credevamo al sicuro, ma avevamo torto, perché vigono ancora moltissime disparità fra generi, tra cui il divario retributivo, la suddivisione del lavoro di cura e forme di sessismo onnipresente. La violenza e i femminicidi sono la punta dell’iceberg, l’escalation della disparità. Prendere atto che solo nel 2020 in Alto Adige sono avvenuti tre femminicidi, è stato un pugno nello stomaco, è stato il monito per chiamare i media, scendere in piazza e mostrare la nostra indignazione, affinché non avvenga più nessuna forma di violenza.
Quali sono le vostre richieste?
NON TOLLERIAMO PIÙ che si decida e pianifichi senza di noi, che ci si rimuova dal dibattito pubblico, che ci si calpesti con parole e azioni onLIFE e onLINE o che, per via del nostro genere, ci si svaluti, umili e usi. Non vogliamo più essere relegate al lavoro di cura e non permettiamo più che la mascolinità tossica e la violenza contro le donne siano minimizzate (anche dai media) o socialmente tollerate. Non è più accettabile subire violenza di genere ed essere vittime di femminicidio.
PRETENDIAMO Rispetto - Partecipazione - Equità. Giustizia nella quotidianità e nei tribunali. Pretendiamo che le scuole siano luoghi di emancipazione e sensibilizzazione, pari opportunità. Pretendiamo retribuzioni per un lavoro di pari valore e pensioni dignitose. Reclamiamo la non-violenza e i nostri diritti umani.
INVITIAMO tutte le persone a unirsi a noi, affinché possiamo dividere la torta in modo equo, affinché siano anche gli uomini a ribellarsi assieme alle donne, assumendo la loro parte di lavoro di cura retribuito e non retribuito, affinché scompaiano misoginia e mascolinità tossica.
Perché avete scelto il 25 settembre 2021 per la marcia?
Siamo stanche che solo l'8 marzo o il 25 novembre siano le date in cui parlare di disuguaglianze di genere, compiangendo le donne o abbracciandole per solidarietà. Ogni giornata è una giornata femminista, ecco perché abbiamo scelto il 25 settembre per nominare l'ingiustizia, fare resistenza e agire concretamente. Un giorno come un altro in cui si agisce, si protesta per iniziare una rivoluzione a voce alta. Dopo dieci anni dall’istituzione della Convenzione di Istanbul (EU 11.5.2011) che tutela le donne dalla violenza di genere, la violenza verso le donne non diminuisce e neanche le forme di discriminazione, sessismo e pensiero patriarcale. Solo unite/i possiamo far sì che questo diventi un mondo più equo e libero per ogni persona.
Anita Rossi in azione © Manuela Tessaro
Il reportage (20 min) è visibile sul canale
youtube del Frauenmarsch – Donne in marcia
www.youtu.be/QBMbCwLkctg
Qui invece il manifesto lanciato dalla rete della marcia:
www.bit.ly/3MDwKM0