Intervista a Silvia Summa
Passione per la montagna
// Lorena Palanga //
Intervista a Silvia Summa, una delle poche guide alpine donna dell’Alto Adige. Bolzanina, 50 anni, mamma di tre figli, ci racconta il suo percorso professionale e come è cambiata oggi la montagna.
Silvia Summa con la sua famiglia una volta raggiunta la cima
“Il mio successo più grande è poter condividere la mia passione per la montagna con le persone che amo”
Non sono un’eroina e tanto meno un’atleta straordinaria. Sono solo una donna con una grande passione per la montagna. Silvia Summa, 50 anni, bolzanina, tra le poche guide alpine donna in Alto Adige, inizia con queste parole la nostra intervista. Ed è proprio questo che vogliamo raccontarvi in questo articolo: la passione di una donna che è diventata anche una professione.
Come è nato il suo amore per la montagna?
Fin da piccola. All’epoca non c’erano le palestre indoor, ma sono sempre andata in montagna con i miei. Sono cittadina, nata e cresciuta a Bolzano, eppure l’elemento montagna nella mia vita è sempre stato presente.
Quando la decisione di diventare guida alpina?
Un puro caso. Era il 2006, vivevo a Verona. Il mio ragazzo, veneto, aveva intrapreso questo percorso per fare della sua passione una professione. Stando con lui ho seguito anche io l’intero iter. Per essere ammessi ai tre anni di formazione, bisognava avere un curriculum che comprendeva aver portato a termine salite impegnative nelle varie discipline. Io sono stata sempre con lui. Quando siamo arrivati alla fine avevo tutto l’indispensabile per ambire anche io al titolo e mi sono detta “perché no”. Insomma come spesso accade, è stata una coincidenza. Poi sono tornata a Bolzano e tra una scalata e l’altra ho conosciuto mio marito, Marco, sono arrivati i miei tre figli e tutto è cambiato.
In che senso?
La maternità mi ha aiutato a pormi dei limiti. La passione per la montagna può avere risvolti negativi. Il voler superare ogni volta il limite precedente, può creare dipendenza ed essere rischioso. Una volta diventata mamma ho capito per che cosa vale la pena e per cosa no. Mi ha insegnato a fermarmi. E sa qual è l’aspetto più bello?
Quale?
Andare in montagna per me è diventato un momento di condivisione. Raggiungere quella cima ha più senso e mi regala più soddisfazione quando lo faccio con i miei figli e mio marito. Quando loro si lamentano perché magari (ride) li costringo a venire con me, spiego loro questo. Arrivare insieme su una cima vuol dire condividere un momento.
E la professione? Continua ad esercitarla?
Con tre figli ho raggiunto questo equilibrio. Mi dedico a loro durante l’anno scolastico. Una scelta, non un sacrificio. D’estate invece faccio la guida alpina.
Come e quanto è cambiato il suo lavoro negli anni?
Moltissimo. Ormai la montagna vive il turismo di massa che tutti conosciamo. Tante volte chi decide di fare una ferrata lo fa solo per farsi la foto con il caschetto. Per questo sono aumentate le richieste di ferrate e percorsi semplici. Comunque per me accompagnare chi non conosce per niente la montagna, chi viene spesso da Paesi lontanissimi, vedere la soddisfazione quando ce la fanno è una grande emozione.
Perché ci sono ancora così poche guide alpine donna, in Italia solo il 2%?
Ci sono tante donne forti, capacissime. Qualcosa è già cambiato. Bisogna solo prendere coraggio. Da entrambe le parti. Da una parte le donne appassionate di montagna che devono sapere che possono farcela, dall’altra chi a loro si affida. Mi accorgo spesso dello scetticismo con il quale vengo accolta da uomini che devo accompagnare. È frutto del retaggio culturale: come faccio ad affidarmi a e fidarmi di una donna se mi capita qualcosa è il pensiero che si legge spesso sui volti di queste persone. La cosa divertente è che spesso pur di non farsi aiutare da una donna ce la mettono tutta. E questo, ovviamente, è positivo.
Come è nato il suo amore per la montagna?
Quando la decisione di diventare guida alpina?
In che senso?
Quale?
E la professione? Continua ad esercitarla?
Come e quanto è cambiato il suo lavoro negli anni?
Perché ci sono ancora così poche guide alpine donna, in Italia solo il 2%?