Around the World

EuGH: Ob „Herr“ oder „Frau“ ein Zugticket kauft, ist nicht relevant

// Maria Pichler //
Der Europäische Gerichtshof in Luxemburg © Luxofluxo, CC BY-SA 4.0
Laut einem Urteil des Gerichtshofes der Europäischen Union (EuGH) darf es künftig keine Rolle mehr spielen, ob ein „Herr“ oder eine „Frau“ ein Zugticket erwirbt. Die Richterinnen und Richter in Luxemburg haben damit einer Klage des französischen Verbandes Mousse stattgeben, der sich gegen sexuelle Diskriminierung einsetzt und beanstandet hatte, dass die französische Bahn SNFC im Online-Ticketverkauf ihre Kund*innen zur Angabe einer Anrede verpflichtet. Dies verstoße gegen die Datenschutz-Grundverordnung. Stimmt so, befand der EuGH Anfang Jänner und argumentierte mit den Grundsätzen der Datenminimierung und der Verhältnismäßigkeit, sprich: Ob für den Kauf eines Zugtickets jemand als Mann oder Frau angesprochen werden möchte, sei für die Erfüllung des Vertrages nicht relevant. Künftig könnten sich die Eisenbahnunternehmen laut dem EuGH für eine „allgemeine und inklusive Höflichkeitsformel“ entscheiden.

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Cecilia sala e il racconto della sua prigionia a evin

// Lorena Palanga //
Cecilia Sala © Fondazione Circolo dei lettori, CC BY 3.0
La fine del 2024 è stata caratterizzata dalle ore di incertezza e paura per Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata a Teheran il 19 dicembre “per”, così citava il comunicato emesso dal dipartimento generale dei Media Esteri o del ministero della Cultura e dell’orientamento islamico dell’Iran, “aver violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran.” Una motivazione generica e per niente precisa. Poche le notizie trapelate dal carcere di Evin. Sono state settimane di angoscia e soprattutto di un lavoro silenzioso e decisivo che ha portato a inizio gennaio alla sua liberazione, dopo 21 giorni. Il caso della giornalista di Chora Media e del Foglio ha riacceso l’attenzione sulle condizioni dei detenuti in Iran. In una puntata del suo podcast “Stories”, Cecilia Sala ha raccontato cosa significa stare 24 ore al giorno in una cella in isolamento, in silenzio, senza poter far niente e vedere poco o niente, senza contatti, dormendo per terra, senza un materasso, soltanto una coperta sotto e una sopra per ripararsi dal freddo, con la luce sempre accesa. La prigione di Evin è un simbolo del regime iraniano: operativa dal 1972, qui vengono imprigionati oppositori politici, cittadini stranieri e giornalisti dissidenti. Più volte sono state denunciate le violazioni dei diritti umani e gli episodi di tortura e violenza, sia fisica che psicologica. La storia di Cecilia ha riacceso i riflettori su quanto accade lì dentro. Ed ecco perché uno dei primi pensieri della giornalista una volta tornata in Italia è stato per loro “per quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo.”