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Il nome è destino?

// Tilia //
© Adobe Stock
Che lo si voglia o no, i nomi che ci vengono assegnati alla nascita sono biglietti da visita che, spesso e volentieri, possono determinare il nostro destino sociale, ma anche il nostro livello di avvenenza. A dirlo è la scienza? Decisamente no, ma l’ennesimo commento da sottobosco digitale, quello che con nonchalance sentenzia: Hanno assunto una che si chiama Giuseppa. Probabilità che non sia un cesso? 3%.

Eccoci qui, nell’era dei diritti, della body positivity e dell’empowerment femminile, a fare i conti con la più becera delle lotterie genetico-anagrafiche: il nome. Sì, perché se ti chiami Ludovica o Beatrice, ti aspetta un futuro di capelli lucenti e lineamenti aristocratici. L’idea che un nome possa predire la bellezza di una persona è assurda, ma piuttosto radicata. Alcuni nomi come Valentina o Ginevra evocano immediatamente un’immagine ideale, anche solo per il suono e l’associazione che ne deriva. Questo fenomeno è aggravato dai media e dai social, che associano determinati nomi a determinate estetiche. Ma c’è di più. Ricerche hanno dimostrato che il nome può addirittura influire sulle opportunità lavorative. Un curriculum con un nome considerato “elegante” riceve più risposte rispetto a uno con un nome percepito come “popolare” o “etnicamente marcato”. Un nome come Filomena, essendo meno comune tra le nuove generazioni e suonando “antiquato”, può suscitare pregiudizi sull’età e sull’aspetto fisico della candidata.

Perché se un uomo con un nome desueto può più facilmente rifugiarsi nella narrazione del fascino da intellettuale d’altri tempi (avete mai sentito dire “Hanno assunto uno che si chiama Italo. Probabilità che non sia un cesso? 3%? No, vero?), una donna con un nome “sfortunato” è spacciata. Se ti chiami Giuseppe potresti essere immaginato come un tipo serio e autorevole, magari un po’ "tradizionale", nel peggiore dei casi “vecchio stile”, ma... se ti chiami Giuseppa, a quanto pare hai il 97% di probabilità di essere brutta.

Se la tua carta d’identità recita Assunta, Pasqualina o Domenica è meglio che tu abbia un’ironia tagliente e una sana dose di menefreghismo. Perché portare un nome così potrebbe significare affrontare con fierezza ogni sopracciglio alzato, ogni battuta infelice e dimostrare che, dietro un suono antico, può esserci una donna brillante e perfino – udite udite – affascinante.

Perché alla fine, il nome non ci definisce. E se proprio dobbiamo farci un nome, meglio farlo con ciò che siamo, non con ciò che la gente si aspetta. Firmato: Tilia (... ma sarà il mio nome vero o uno pseudonimo?)

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La forza di una famiglia

// Cristina Pelagatti | Centaurus //
Christian, Danilo, il piccolo Noah e il percorso quotidiano per la legittimazione delle famiglie arcobaleno
Christian e Danilo con il loro figlio Noah © privato
Christian e Danilo sono due genitori bolzanini che ëres aveva intervistato nel 2023, quando erano in attesa della nascita di loro figlio Noah. In quell’occasione avevano chiarito molti aspetti della gestazione per altri ed avevano condiviso le speranze per un futuro nel quale, anche in Italia, Noah sarebbe risultato legalmente figlio di entrambi i suoi genitori. Nel frattempo Noah, che al momento “ha 17 mesi, corre felicemente in giro per casa e sta imparando a parlare e comunicare le proprie intenzioni” si è affacciato ad un mondo che sta erodendo poco a poco qualsiasi diritto, anche minimo, si fossero guadagnate le famiglie arcobaleno.

La forza nel quotidiano
Quanta forza ci vuole a vivere ogni giorno in un Paese che ha dichiarato la GPA “reato universale?” “Il problema principale è il distacco che esiste tra la vita quotidiana e la vita burocratica”, ha spiegato Christian”, io e Danilo abbiamo fortunatamente superato molti degli aspetti che sono più critici dal punto di vista burocratico e non è stato sempre facile. Per ora, la maggior parte delle persone del nostro microcosmo ci ha accolto splendidamente. Anche gli incontri che abbiamo avuto con le assistenti sociali per procedere con la step child adoption sono andati bene, grazie alla loro apertura mentale e alla loro competenza. Ci rattrista il fatto che uno di noi non possa essere riconosciuto automaticamente come papà di Noah in Italia, senza dover affrontare un lungo e complesso iter burocratico, nonostante esista già un certificato di nascita americano che attesta che il bambino ha due papà.”

Gli Stati Uniti oggi
La famiglia bolzanina ha continui rapporti con Savannah, la donna americana che ha portato avanti la gravidanza di Noah e la sua famiglia, questo consente loro di avere uno sguardo privilegiato sull’aria che tira oltreoceano.” I rapporti con Savannah e la sua famiglia sono ottimi. A gennaio siamo stati al suo matrimonio con Ryan, un'esperienza meravigliosa. Purtroppo, in Italia e nel mondo, la situazione per le persone LGBTQIA+ sta diventando sempre più drammatica, soprattutto per le persone trans* che negli Stati Uniti si sono ritrovate da un giorno all'altro a non essere più riconosciute con la loro identità di genere.”

Ascoltiamo le storie delle famiglie, senza preconcetti o pregiudizi
La famiglia formata da Christian, Danilo e Noah continuerà a portare avanti le istanze di legittimazione delle famiglie arcobaleno. “La Legge Varchi ha lo scopo di perseguitare gran parte delle famiglie omogenitoriali italiane, introducendo sanzioni gravissime: una multa fino a un milione di euro e fino a due anni di reclusione per chi ricorre alla gestazione per altri (GPA) anche se è effettuata in modo etico in Paesi dove è legale e regolamentata come il Canada e gli Stati Uniti. “Famiglie Arcobaleno” vuole come prima cosa combattere per l'abrogazione di questa legge così crudele e per raggiungere questo obiettivo saranno necessari molti anni. Successivamente, supporteremo la discussione in Parlamento di una legge che ha l'obiettivo di legalizzare e regolamentare la GPA altruistica. Cosa potrebbe fare la società civile per noi? Ascoltare le storie di ognuno di noi, senza preconcetti o pregiudizi”.