Sei servita - Das Bild der Frau in der Werbung
Ve la diamo gratis
// Linda Albanese //
screenshot © social
Seni, cosce e natiche per sponsorizzare palestre, imprese di pulizie, macchine del caffè, caldaie e purtroppo molto altro ancora. La fiera dell’oggettivazione della donna sui cartelloni pubblicitari dà il suo meglio in provincia. “Te la diamo gratis” recitava solo qualche mese fa, in Lombardia, lo slogan di un cartellone pubblicitario di Fit Express, la low cost del fitness, con cinque giovani donne che sorreggono il manifesto con la frase utilizzata per lanciare l’iscrizione in omaggio. Prosegue: “L'iscrizione, che avevi capito”. Sessismo. “No, una goliardata”, è stata la risposta del reparto marketing dell’azienda nel tentativo di sminuire la (per fortuna) grande indignazione collettiva. “Ve la diamo gratis” recitava qualche anno fa in Salento un altro cartellone con una donna in succinti abiti da cameriera per sponsorizzare la pulizia di condomini e magazzini. La risposta dell’azienda alla rabbia di molti? “Uno slogan solo un po’ diverso. Peraltro, l'80% del nostro personale è composto da donne”. Non goliardici o un po’ diversi gli slogan, bensì sessisti e denigratori, si tratta di squallida mercificazione di un corpo che si può anche alludere di “dare” gratis. E ancora più squallide sono state le risposte delle aziende che gli hanno utilizzati. In realtà esisterebbe dal 2014 un protocollo d’intesa siglato da Anci e l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria per il rispetto della dignità della donna e del principio di pari opportunità. Così come esiste un protocollo d’intesa con il Dipartimento delle Pari Opportunità, sullo stesso tema. Questo però non vuol dire che la strada da fare in Italia verso la conquista di civiltà non sia ancora tanta.