Around the World

Clemen Parrocchetti: Künstlerin, Feministin und Rebellin

// Maria Pichler //
Visionäre Künstlerin: Clemen Parrocchetti © Courtesy Archivio Clemen Parrocchetti
Ihre Kunst war und ist rebellisch, nicht-konformistisch, visionär – und Thema der Ausstellung À JOUR, die bis Mitte Februar in der Galerie der Ar/Ge Kunst in Bozen zu sehen war: Clemen Parrocchetti (1923-2016). Die Mailänderin widmete sich zeitlebens mit viel Leidenschaft feministischen Kämpfen und veranschaulichte in ihren Werken die untergeordnete Rolle der Frau, Abtreibung und Scheidung als Werkzeuge der Emanzipation, häusliche Gewalt und sexuelle Befreiung. Dafür schuf Parrocchetti etwa reliefartige Formen als Sinnbilder für die Vagina, die – auf ein Metallblech genäht und mit Nadeln durchbohrt – auf die tägliche Mühsal und Qualen der Frauen aufmerksam machen, denn: „Es ist nicht richtig, dass nur der halbe Himmel von der Sonne beschienen wird.“ Als Hommage an eine Frau, die mit ihrer Kunst ihrer Zeit weit voraus war, hat die ëres eines der Werke von Clemen Parrocchetti für das Titelblatt dieser Ausgabe gewählt.

Una volta

un uomo

// Lorena Palanga //
© freepik
Partiamo da un’affermazione: difendersi dietro il #notallmen, ovvero il pensiero quando si parla di violenza di genere che non riguarda “tutti gli uomini”, non è più sufficiente. Vogliamo un cambio di rotta.
Spesso ci sono dei tipi di violenza che non vengono riconosciuti come tali, ma non per questo impattano di meno sulla vita delle donne. La campagna video “L’Alto Adige tiene gli occhi aperti” promossa dalla Commissione Pari Opportunità della Provincia di Bolzano insieme al Servizio Donna e ai partner della rete provinciale contro la violenza sulle donne ha avuto proprio il merito di farci vedere quello che tendiamo a non vedere nella vita di ogni giorno, quel tipo di violenza che abbiamo imparato fin da piccoli a “normalizzare” (inquadrate il QR Code per vedere di cosa stiamo parlando*). Ogni volta che diciamo ad una ragazza di stare attenta, di stare alla larga o lontano dall’uomo violento, di vestirsi in modo diverso, le stiamo addossando la responsabilità personale di difendersi dalla cultura predatoria. Non è la strada giusta. Serve un cambiamento di atteggiamento da parte degli uomini.
Per aiutare ad eliminare anche le violenze meno evidenti è importante parlarne, condividere le proprie esperienze, raccontare può aiutare altre donne a raccontarsi, a dire “è successo anche a me”, ad aprire riflessioni. Ecco perché riportiamo la testimonianza di una donna e speriamo che possa essere il primo di una serie di racconti che ospitiamo su queste pagine.
“Una volta mi è successo che un uomo, che era il mio professore, mi seguì spiandomi sotto casa, mentre stavo salutando il mio ragazzo e quando quest’ultimo se ne andò, il professore iniziò a dirmi che avevo il gusto dell’orrido e che avrei dovuto mettermi con lui. Alla mia affermazione, che aveva l’età di mio padre, mi rispose che proprio per questo, lui sarebbe morto prima e io avrei ereditato tutto. Quando parlai dell’episodio alle mie figure di riferimento, altri insegnanti e a casa, mi risposero tutti che dovevo stargli alla larga. Mi stavano insegnando che avrei dovuto essere io a preoccuparmi, a 17 anni e anche in futuro, di salvare me stessa dalla cultura predatoria dell’adulto e che ne ero io la diretta responsabile. Nessuna sanzione, al contrario, verso il comportamento dell’uomo adulto, nei confronti di una minorenne”. (N.M.)
Il titolo di questa pagina è ispirato all’omonimo podcast lanciato dalla newsletter femminista thePeriod, che ci ha gentilmente concesso l’autorizzazione ad utilizzarlo. Il podcast è un racconto a più voci di tutte quelle volte in cui la violenza di genere si è manifestata in modo strutturale. È disponibile su Spotify.
Campagna “L’Alto Adige tiene gli occhi aperti” chancengleichheit.provinz.bz.it/de/videos