Think

Sopravvivere alle chat di classe

// Tilia //
Due terzi dell’anno scolastico sono alle spalle, mancano circa tre mesi perché uno degli incubi peggiori dei genitori, delle mamme più che altro (i papà coinvolti sono ancora un’eccezione), finisca: la, o addirittura le, chat di classe.
Un microcosmo digitale dove si intrecciano i destini di bambine e bambini che, per volere del destino, si ritrovano nella stessa classe. Qui, fra vocali, foto, emoticon, prove della propria simpatia, critiche stizzite e (molto spesso) refusi, si snodano le surreali vicende del mondo scolastico. Un turbine di messaggi, foto, richieste di consigli e scambi di ogni tipo che rischiano di trasformare uno strumento potenzialmente utile in un vero e proprio stress.
Privacy a parte, ci sono però molte altre regole, più di buon senso e buona educazione, utili, per esempio, a evitare che il gruppo diventi un campo minato di incomprensioni. Le ricorda Samuele Briatore, presidente dell’Accademia Italiana Galateo, che ha stilato un vero e proprio “galateo”.
01. Solo questioni scolastiche, evitando domande personali o generiche.
02. Niente saluti inutili, per non intasare la chat.
03. Vietati i messaggi vocali, per rispetto di chi potrebbe non poter ascoltare audio in quel momento.
04. Rileggere sempre i messaggi, per verificare il contenuto.
05. Evitare errori grammaticali o di battitura, mantenendo chiarezza e concisione.
06. No alle polemiche, vanno affrontate in altri contesti.
07. Limite di età, le chat dovrebbero essere limitate alle scuole elementari e medie.
08. No alle foto private, a meno di non avere il consenso di tutti.
09. Niente solleciti, salvo comunicazioni davvero urgenti.
10. Cancellarsi è lecito, piuttosto che silenziare la chat.
Certo, l’applicazione di questo prezioso decalogo non è cosa per niente scontata...
In ogni chat poi ci sono diverse tipologie di mamme. C’è la mamma organizzata che si sente investita del compito di coordinare ogni attività. C’è la polemica a cui non va mai bene niente, nemmeno se le altre si sono già tutte, faticosamente, messe d'accordo. Poi c'è la l’ansiosa, che deve verificare continuamente. “Ma è sicuro che la gita di domani sia confermata? Ho sentito che ci potrebbe essere sciopero degli autobus…”. Non manca poi la multitasking, che invia messaggi spesso sconclusionati mentre cucina, è dalla parrucchiera, fa pilates, guida (infrangendo la legge), eccetera eccetera. E i papà? Di solito, entrano raramente nella chat e quando arrivano sono soprattutto interessati a capire se ci saranno birre alla festa di fine anno. Quando intervengono, il tono della chat diventa immediatamente più confuso...

Oltre al gruppo classe diciamo ufficiale, ci sono i gruppi tematici... si salvi chi può. A seconda del periodo dell’anno e dell’umore dei partecipanti possono trasformarsi in: contenitori di lamentele su educatori e insegnanti. Bacheche di inviti al mercatino o al laboratorio creativo. Bollettini medici su pediculosi, ossiuri, virus e altro. Gallery di foto dei figli propri e altrui. Spazi liberi in cui pubblicare meme, motti di spirito e magari sponsorizzare anche il proprio e-commerce. Palcoscenici per litigi o, al contrario, esibizione pubblica di simpatie selettive. Eccetera, eccetera, eccetera... la lista è ancora lunga, ahinoi.

Think

Intersezionalità e visioni: il primo Alto Adige Pride Südtirol

// Cristina Pelagatti | Centaurus //
Il 28 di giugno, in un’ottica queer inter­sez­ionale, la prima edizione della mani­festazione dell’orgoglio della diversità
Murales nella sede di centuarus © centaurus
Il 2025 è l’anno del Pride a Bolzano. Il primo pride dell’Alto Adige. Alla luce di una società mondiale sempre più orientata all’intolleranza e al “cattivismo”, la visione queer intersezionale con cui il comitato organizzatore sta preparando l’attesa manifestazione, assume un’importanza che travalica i confini locali. Il pride bolzanino si svolgerà il 28 giugno, in una linea arcobaleno che lo collegherà direttamente ai moti di Stonewall, la data in cui “tutto ebbe inizio”.

Stonewall: la pietra miliare nella storia del movimento LGBTQIA+
Poco dopo l’una di notte del 28 giugno 1969, allo Stonewall Inn di New York (dichiarato da Obama monumento nazionale americano nel 2016), nel Greenwich Village, dopo un’irruzione della polizia, di fronte a un gruppo di persone gay, queer, transgender o non conformi che ballavano insieme pur essendo di sesso opposto o indossavano più di tre indumenti non attribuibili al proprio sesso che venivano trascinate via dagli uomini in divisa, qualcuno ha urlato “Perché non fate niente”? Così, nella società Usa di fine anni '60 , quella della battaglie per i diritti civili e delle manifestazioni contro la guerra, si è inserito l’urlo “ci siamo anche noi” e in quei 5 giorni di rivolte per la prima volta il movimento LGBTQ+ ha alzato la testa ed ha cominciato non solo a chiedere di poter esistere di nascosto, ma a reclamare orgogliosamente i propri diritti. Alle figure più rappresentative e spesso dimenticate di Stonewall, Marsha P. Johnson, Stormé DeLarverie e Sylvia Rivera, è dedicato il murales eseguito dall’artista Diego Tartarotti Starita nella sala gruppi della sede di Centaurus a Bolzano.

La Road to Pride in Alto Adige è già iniziata
Adele Zambaldi, vicepresidente dell’Alto Adige Pride Sudtirol e attivista di Centaurus, ha spiegato: “Il Pride serve a ricordare tutti i diritti che come persone LGBTQIA+ ancora non abbiamo. Quest’anno i nostri focus primari sono sicuramente le persone trans, soprattutto le più giovani, e le famiglie omogenitoriali. Rivendichiamo i diritti all’esistenza, all’accesso alla salute e al benessere di tutt*. Parallelamente ‘lo scendere in strada’ serve per unire la comunità. L’Alto Adige è un luogo in cui la conversazione riguardo alle identità LGBTQIA+ è sempre stata poco attiva. L’invisibilizzazione dell’esistenza dei nostri corpi e delle nostre relazioni è elevata. Un Pride a Bolzano (con eventi anche in altre parti del territorio) significa rompere questo silenzio per dire che non solo esistiamo, ma rivendichiamo una vita degna e dei diritti. Anche qui.

Questo è essenziale nei confronti di persone più giovani che non hanno la percezione di una comunità forte e vivono una condizione di marginalità sociale e territoriale. La componente linguistica e geografica ha un suo peso in questo. È una concreta difficoltà in più per l’unità delle lotte, perché le persone italofone e tedescofone vivono spesso in ambienti sociali e personali separati. Come Pride proviamo a superare anche queste barriere, ma è una sfida quotidiana.”