Hexenwahn
Donne e Islam nella società attuale
// Redazione //
In un workshop a Bolzano si è parlato di donne musulmane nella società italiana: un’occasione di dialogo per sfatare stereotipi e pregiudizi per meglio comprendersi e collaborare.
Nell'ambito di un workshop organizzato dal Centro per la Pace a Bolzano hanno fornito uno spaccato della realtà delle donne musulmane in Italia, da sx a dx: Quejdane Mejri, Sumaya Abdel Qader e Fedoua Elattari. © Redazione
Quejdane Mejri, Sumaya Abdel Qader e Fedoua Elattari, tre donne dai profili personali e professionali differenti, ma con un comune denominatore: sono donne musulmane che vivono in Italia, attive e impegnate. Quejdane Mejri, nata e cresciuta in Tunisia è immigrata in Italia oltre 20 anni fa, vive a Milano, ha un dottorato di ricerca in urbanistica, governo urbano e territorio, presiede l’associazione “Pontes”; Sumaya Abdel Qader, nata a Perugia da genitori immigrati giordani, è sociologa, mediatrice culturale, biologa e scrittrice e vive a Milano dove è stata consigliera comunale; Fedoua Elattari, nata a Novi Ligure, studia architettura all’università di Torino, ed è poetessa e promotrice culturale. Sono intervenute al workshop “Donne dell’Islam e impegno pubblico” organizzato di recente dal Centro per la Pace di Bolzano e curato da Adel Jabbar, al fine di fornire, oltre gli stereotipi e i pregiudizi comuni sulla donna musulmana, uno scorcio della realtà delle donne musulmane, una realtà assai variegata con provenienze e vissuti differenti.
Le donne musulmane di seconda generazione, invece, sono nate in Italia, studiano, lavorano, sono attive in vari ambiti e si impegnano anche in politica o nel sociale.
Della parola come cura ha parlato Fedoua Elattari sottolineando che attraverso il linguaggio si creano relazioni e comprensione per trovare un dialogo con le persone e la realtà del proprio vissuto, per conoscersi e per riconoscersi.
Confronto e dialogo per maggiore comprensione
Alle persone partecipanti al workshop, tra le quali le rappresentanti di associazioni di volontariato locali, le tre relatrici hanno narrato il ruolo delle donne musulmane, di prima e seconda generazione, le sfide che devono affrontare nella società attuale e l’impegno rispetto alle questioni trasversali, tenendo presenti gli ideali legati alla fede e alla cultura di provenienza. Con il workshop si è inteso creare un’occasione di dialogo e scambio per favorire la comprensione reciproca e l’interazione per affrontare tematiche di comune interesse, superando la logica del noi-voi. In Italia sono circa 2 milioni le persone di fede musulmana. Solo nel comune di Milano, come ha riferito Mejri, vivono poco meno di 32.000 donne musulmane. Di loro, quelle di prima generazione per la gran parte sono immigrate in Italia per il ricongiungimento familiare, provenienti in prevalenza da Egitto, Marocco, Tunisia e Algeria.Immigrate in Italia per un progetto di famiglia
Come ha spiegato Mejri, nei paesi di provenienza sposare connazionali che lavorano in Europa, in Italia, è ben visto perché ritenuti un “buon partito”. Per questa ragione queste donne giungono in Italia principalmente per un progetto di famiglia, non per lavorare. Molte di loro sono inattive (il 37%) perché impegnate nella cura dei figli e nella conduzione familiare. In prevalenza, inoltre, non conoscono la lingua e, come ha fatto presente Mejri, dipendono dai mariti che risiedono in Italia già da qualche tempo. Anche per tale ragione nei rapporti con le istituzioni, con la scuola o con gli uffici, insorgerebbero difficoltà di comprensione e di decodifica della “complessa” realtà italiana. Una situazione questa che produce diffidenza. Come ha evidenziato un’indagine condotta dall’ISTAT in collaborazione con l’Università di Trento, solo il 18% degli stranieri in Italia afferma di avere una relazione fiduciaria con cittadini italiani.Le donne musulmane di seconda generazione, invece, sono nate in Italia, studiano, lavorano, sono attive in vari ambiti e si impegnano anche in politica o nel sociale.
Non esiste un modello univoco
Sumaya Abdel Qader ha fatto presente che a differenza dell’opinione di gran parte della collettività, non esiste un modello univoco per definire le donne musulmane. Per comprendere la realtà delle donne musulmane, è necessario infatti conoscere il background culturale e la relativa interpretazione religiosa che spesso determina i diritti della donna. Come ha riferito, alcuni diritti delle donne indicati dal Corano, vengono disattesi e da qui è in atto un’azione per giungere ad una sua giusta interpretazione in termini di genere.Della parola come cura ha parlato Fedoua Elattari sottolineando che attraverso il linguaggio si creano relazioni e comprensione per trovare un dialogo con le persone e la realtà del proprio vissuto, per conoscersi e per riconoscersi.