Unterwegs – In viaggio

In viaggio da sola

// Linda Albanese //
Un viaggio solitario per una donna costituisce un’occasione straordinaria per assaporare sé stessa, conoscersi meglio, respirare la propria libertà, affinare empatia e spirito di osservazione. A volte, basta una passeggiata nel parco. Un viaggio solitario si può fare anche lasciando i figli a casa.
© Gary Ellis/Unsplash


Sono principalmente le donne a ideare, organizzare e prenotare le vacanze anche quando si muovono in coppia e in famiglia. Le donne acquistano più viaggi degli uomini in generale. Il 61% del totale delle prenotazioni hanno come organizzatrice una donna, segno che la gestione (e persino, spesso, la scelta della destinazione) è nelle loro mani. Ma non solo: dalle più recenti analisi pubblicate sui siti di comunità online di viaggiatori in solitaria emerge che il 63% del totale dei cosiddetti “solo travelers” è donna. Infatti, sempre più spesso le donne non prenotano per altri che per loro stesse.
La turista in solitaria è un esemplare sempre più diffuso
Precisamente, sono di più le millennials a viaggiare da sole: hanno 35-40 anni, prenotano in anticipo e sono più attente alle promozioni. Fra le ragioni che spingono a viaggiare da sole prevalgono il desiderio di libertà, indipendenza e la volontà di non aspettare altri. Confermate sono anche le tendenze a voler viaggiare in modo più sostenibile e a volare di meno. Ma non solo: il maggiore aumento dei viaggi in solitaria nel 2022 è arrivato dalle donne di età pari o superiore a 65 anni. Erano solo il 4% dei viaggiatori solitari nel 2019 e sono il 18% nel 2022.
Varie sono le implicazioni psicologiche e sociali che derivano dal viaggiare in solitaria. Molte affermano di ritornare dalla vacanza più sicure di sé, altre considerano il viaggio come uno strumento per conoscersi meglio, per scoprire lati inespressi della propria personalità che in compagnia faticano a emergere. Partire da sole permette di entrare in contatto con maggiore facilità con la cultura locale e con gli abitanti e rappresenta un’occasione per conoscere realtà che in gruppo potrebbero essere più difficili da avvicinare.
Sì dappertutto, ma informate e attente
Esistono mete e Paesi nel mondo che espongono le viaggiatrici a maggiori pericoli ma considerare il viaggio come più rischioso della vita quotidiana è una semplificazione. Al momento non ci sono dati che confermino una crescita di attacchi a danno di turiste. I casi di violenza in vacanza tendono più che altro ad avere un riscontro mediatico maggiore rispetto a quelli che possono verificarsi nei confronti di un uomo o tra le mura domestiche per una donna. Ciò che è necessario nella realtà di tutti i giorni come anche in viaggio, è adottare comportamenti corretti e mettere in atto misure mirate per evitare l’esposizione a rischi. Non ci sono grosse preclusioni nella scelta della meta solo perché si è donne. Semplicemente bisogna raccogliere più informazioni possibili sulla destinazione prescelta, soprattutto qualora si opti per una meta culturalmente molto distante da quella di origine. Inoltre, le tecnologie di cui dispone la viaggiatrice moderna danno un notevole contributo: i blog, i social media, gli smartphone, ecc… facilitano le esperienze di viaggio, la ricerca informativa, il contatto in caso di necessità. Le distanze si accorciano e avvertire la solitudine non è più un problema. La rete pullula di siti e forum in cui viaggiatrici di ogni età ed estrazione sociale si confrontano e dispensano consigli in base alle proprie esperienze; i web magazine dedicati al contatto tra turiste e donne alla ricerca di compagnia per un viaggio o di informazioni per programmare la propria vacanza sono tantissimi. Solitamente questi siti offrono non soltanto consigli e racconti utili per le viaggiatrici ma propongono anche itinerari e pacchetti mirati per garantire un’offerta variegata a seconda delle distanze di percorrenza, del budget a disposizione e dell’interesse. Molti forum, siti e blog elencano hotel e locali “womenfriendly” ovvero tutte quelle strutture ricettive e servizi turistici attenti alle esigenze delle viaggiatrici.
Donne in cammino
Un altro dato interessante arriva da Ilaria Canali, fondatrice della “Rete Nazionale Donne in Cammino” e della community social “Ragazze in Gamba”, due realtà che promuovono l'empowerment femminile attraverso il camminare e che oggi raccolgono 120mila adesioni. “Contattando 80 cammini strutturati che tengono il conto di chi si iscrive e fa il percorso, ho scoperto che almeno il 54% di chi li sceglie, ogni anno, è donna” riferisce Ilaria. “Camminare è un'esperienza di trasformazione, ci rende più sicure di noi stesse. Per chiunque il cammino può diventare una cura, un'ancora di salvezza, una boccata d'aria fresca in una quotidianità asfissiante o, semplicemente, appesantita dai pensieri e dagli impegni.” Le donne della community sono di tutte le età, anche di 80 o 85 anni, con una passione per la comunicazione, la condivisione e l’arte, sensibili, molto attente a temi come la sostenibilità ambientale e l’inclusione. La community è un luogo di condivisione, aiuto e ascolto reciproco, ma ciò che lo distingue da altri gruppi online è che c’è un ponte tra virtuale e reale: le persone che comunicano online poi hanno l’intenzione di camminare insieme, di vedersi. “Camminare, poi, è una attività estremamente economica”, aggiunge Ilaria. “Per chi inserisce la camminata nel quotidiano, l'unico costo è quello delle scarpe. Grazie alla community, però, è molto economico organizzare anche viaggi più lunghi: basta chiedere informazioni e chi ha già fatto quel percorso fornirà ogni indicazione. Inoltre, si possono anche trovare le compagne con cui fare il viaggio. Sui cammini fioriscono amicizie, si alleggeriscono pesi e si guarda lontano, lasciando poi tracce leggere dei propri pensieri. Passo dopo passo, al tempo in cui, forse, dovrebbe battere la vita.”
Come iniziare a viaggiare da sola
“A volte basta una passeggiata dietro casa, perché spesso si parte da ciò che è noto e rassicurante. Basta modificare lo sguardo, esercitare l’attenzione per programmare itinerari sempre più complessi. C’è sempre la possibilità di iniziare”, è quello che sostiene Paola Scaccabarozzi, giornalista, viaggiatrice in solitaria, mamma e autrice di “Ragazzi, la mamma parte!” (Giraldi Editore). “In assenza di auto, basta una bici. E, in assenza di una bici, si va a piedi. Iniziare con una passeggiata in solitaria costituisce tra l’altro un esperimento per capire se un eventuale viaggio senza nessuno possa risultare congeniale alla propria personalità. L’alternativa per sperimentarsi? Tornare da sola in un luogo in cui si è già stati o con la famiglia o con gli amici.” Non solo: la stratificazione delle esperienze modifica l’ottica. Per questo tornare in un luogo noto insegna a comprendere qualcosa in più anche di sé stesse, oltre che del paese che si sta visitando. Nel viaggio solitario si sperimentano la paura, la rabbia, momenti di sconforto, di gioia e di incontenibile entusiasmo, è tanti viaggi insieme, in cui non si deve dimostrare nulla, se non a sé
stesse.

Kolumne

Sommer, Sonne, Urlaubsstress

// Alexandra Kienzl //
Urlaub mit kleinen Kindern: Ein Widerspruch in sich



Das ganze Jahr freue ich mich auf den Sommerurlaub. Das ganze Jahr? Beinahe. Denn zwei, drei Wochen bevor es soweit ist, kommt die große Reue: Ist die Anreise nicht viel zu lang? Sind zehn Tage nicht zu viel? Und überhaupt: Warum müssen wir in den Urlaub fahren? Bei uns ist es doch auch schön!
Jammern auf hohem, sehr hohem Niveau, ohne Zweifel. Und wer Urlaub mit kleinen Kindern superentspannend und erholsam findet, der liest am besten auch nicht weiter. Denn für mich ist Urlaub mit Kindern vor allem eines: ein Widerspruch. So leid es mir tut, ihr lieben Kleinen, wenn Mama an Urlaub denkt, dann denkt sie an Ausschlafen, Faulenzen, Nixtun. Ist alles nicht drin, im Gegenteil: Wenn man nicht gerade das 5-Sterne-All-Inclusive-Kinderbespaßung-24/07-Resort gebucht hat, sondern die traditionelle Ferienwohnung, dann darf Mama all das, was sie zuhause macht, im „Urlaub“ auch machen: Kochen, Putzen, Waschen, Aufräumen – nur halt unter erschwerten Bedingungen, weil alles ein bisschen anders ist als zuhause. Klar, Papa ist auch da und tut, was er kann, aber ausspannen, dösen, Seele baumeln lassen? Eher nicht.
Beginnen tut es ja schon um vier Uhr früh auf der MeBo, wenn die gefürchtete „Seimer bold do?“- Frage zum ersten von vielen, vielen Malen gestellt wird. Man hofft darauf, dass der Nachwuchs wieder wegschlummert, so wie man selbst verleitet ist zu tun, doch erfahrungsgemäß versinken die Kids erst ca. fünf Minuten vor Ankunft in einen komatösen Tiefschlaf, aus dem sie dann unter Protestgeschrei wieder gerissen werden müssen. Bis dahin gilt es, stundenlange Autofahrten mit Videos, Kinderliedern, lustigen Spielen und verzweifelten Erpressungsversuchen („Donn kriagsch zum Frühstück a Eis auf der Raststätte!“) erträglich zu machen. Wieso konnten wir uns nicht einfach beim Bauernhof im Nachbardorf einquartieren? Eine Frage, die ich mir jährlich stelle. Bei Ankunft am Ferienort sind die Eltern also schon fix und foxi, während der Nachwuchs dank Powernap voller Tatendrang auf Erkundungstour geht, die Unterkunft auf Vordermann bringt und schon wieder gefüttert werden will. Da ist noch kein Koffer ausgepackt, kein Bett bezogen, kein Brot geschmiert.
Apropos Koffer packen: Zur ganz normalen, eh schon erdrückenden mütterlichen Mental Load kommt vor dem Urlaub ja noch die Koffer-Pack-Challenge: Was muss mit, was nicht, und was werden wir garantiert wieder zuhause vergessen? Ich packe verlässlich, wohl aus einer passiv-aggressiven Überforderungshaltung, zu wenig oder das Falsche ein. Zumindest packt der Mann seine Sachen fein säuberlich selbst ein, das muss man bereits lobend hervorheben, nachdem ich mir sagen ließ, dass das bei weitem keine Selbstverständlichkeit ist. Den Mann spontan zum Kofferpacken einteilen, wenn man den Rest des Jahres das Einkleiden des Nachwuchses kontrollfreakig selbst vornimmt, ist eher keine so gute Idee, wenn man nicht riskieren will, dass die Kinder dann hauptsächlich im Pyjama rumrennen werden. Andererseits: Wir sind im Urlaub, keiner kennt uns. Auch nur mehr egal.
Am Strand breitet Mutter dann optimistisch ihr Handtuch aus, wenn sie ganz übermütig ist, hat sie sogar ein Buch eingepackt: Es wird im Laufe des Urlaubs vor allem als Waffe zweckentfremdet werden, wenn die Kids sich gegenseitig eins überziehen wollen. Schwimmflügel aufblasen und Luft wieder rauslassen, kleine Körper mit Sonnencreme einschmieren, Sonnenhüte einsammeln und wieder und wieder aufsetzen, abtrocknen und anziehen, ausziehen und anziehen, immer wieder. Das alles durchsetzt von hektischen Blicken in den 360-Grad-Radius, weil eine*r von dreien immer abhaut, vielleicht auch der Mann, der sich still und leise an den Kiosk verziehen will. Dabei die Mütter am Strand registrieren, die das alles schon hinter sich haben und tatsächlich wieder Urlaub machen können: Lesend, dösend, den Kindern, die alleine im Wasser planschen aus der Ferne zuwinkend, während sie am Veneziano nippen, den ihnen der Mann vom Kiosk gebracht hat. Irgendwann wird man selbst diese Mutter sein und mitleidig-verständnisvoll die Eltern mit kleinen Kindern beobachten, die innerlich die Tage runterzählen, weil sie wissen: Der wahre Urlaub beginnt für sie nach dem Urlaub, wenn alles gewaschen und verräumt ist, die Kinder im Bett sind, man die Urlaubsfotos anschaut und seufzt: Ach, schön haben wir’s wieder gehabt.