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Libertà di amarsi e amare

// Sarah Trevisiol //
Nella sua opera "L’altro sesso", Simone de Beauvoir sosteneva che “non si nasce donna, lo si diventa”, perché è un modo di essere che diventa proprio vivendo all’interno di una società, senza rendersi conto che molte non sono scelte individuali, ma aspettative e norme sociali imposte.
Diventare donna* oggi in Occidente sembra un lavoro interminabile, districato fra trucchi e ritocchi, depilazioni, reggiseni push-up, visite in palestra o dal chirurgo plastico. Quasi come se ci fosse qualcosa di difettoso nel corpo femminile, come se dovesse essere modificato per essere stimato. Già le bambine interiorizzano che devono essere belle per ricevere attenzioni, che devono prendersi cura della propria estetica, che devono essere sessualmente attraenti per attirare il principe azzurro, ma senza sembrare "facili da conquistare". E voler essere belle o desiderate non è nulla di riprovevole. La questione è quanta libertà c'è in questo desiderio o quanto spazio esiste per diversi modelli di bellezza o intimità, quali sono le scelte imposte dall’esterno e quali invece quelle dettate da volontà propria?
È qui che si instaura il problema, perché molte nemmeno si rendono conto di essere vittime di industrie che intentano di sfruttare e controllare il corpo femminile, al contrario, si colpevolizzano per non essere all’altezza delle aspettative e quindi accettano con gratitudine consigli di ritocchi estetici o suggerimenti su come soddisfare al meglio il proprio partner a letto. Mentre forse sarebbe più opportuno ritrovare gioia e piacere per il proprio corpo, accettazione e autostima, libertà di essere soggetti che agiscono per soddisfare i propri canoni e desideri, e non solo quelli altrui. Diventare soggetti significa decidere quale approvazione conta e soprattutto cercare di fare le cose per amor proprio più che altrui. Così facendo, a volte, può persino diventare emozionante essere un oggetto sessuale, perché lo si fa di spontanea volontà e non per mano di qualcuno altro o per paura di perdere l’approvazione altrui.

Per quanto molte donne occidentali** oggi abbiano molte più libertà, sono ancora soggette a vincoli e norme legate al controllo del corpo e della sessualità femminile. Sembrano tuttora persistere binomi rigidi tra coloro che sono considerate troppo attive sessualmente e quindi etichettate come poco di buono e coloro che invece sono stigmatizzate come frigide e reticenti. Ci sono invece mille sfumature in mezzo e accettare questa diversità significa vivere libertà. Ecco perché è importante che siano le donne stesse ad imparare ad esprimere i propri desideri e limiti, a scoprire come amare il proprio corpo senza bisogno di misurarsi, a liberarsi da vergogna o paura del giudizio altrui. Affinché possano trovare piacere e gratitudine, riscoprirsi attraverso il proprio corpo e così trovare anche sempre maggiore intesa con il proprio partner.

Libertà non significa però superare ogni barriera o provare qualsiasi cosa. Il sesso ha bisogno di confini, regole, così come di tempi e spazi chiaramente svincolati dal sesso. La vergogna non è rimproverabile, anzi, permette di capire i propri tabù e gusti. Ci sono tante maniere di vivere l’intimità, esattamente come ci sono molteplici tipi di coppie o forme di attrazione. Ognuna è lecita e nessuna va giudicata, l’importante è che ci sia consensualità, rispetto e libertà di scelta. Perché in fondo ogni persona dovrebbe essere libera di scegliere il proprio modo di amare, sia il proprio corpo che quello altrui.
*Il termine donna si intende nel senso più esteso, includendo anche queer (persone non eterosessuali) e trans (persone nate biologicamente come uomini ma che si sentono donne o viceversa).
**Donne occidentali qui non vuole essere un termine di esclusione verso donne di altre realtà culturali, migranti, people of color ma sottolineare che molte delle libertà acquisite a cui si allude, purtroppo non vengono ricoperte da tutte allo stesso modo. Queer o trans, ma anche persone con meno possibilità finanziarie, pur se occidentali, non godono a loro volta di molte libertà.


Evelyn Mahlknecht - Consulente sessuale La ricetta per un buon sesso: essere sinceri
Evelyn Mahlknecht © privat
1. Come aiuta lei le donne a guadagnare maggiore autostima?
Invito le mie clienti a scoprirsi e conoscersi meglio, p. es. osservandosi nude allo specchio, con cura e senza giudizio, semplicemente osservando, abituando il cervello a familiarizzare con le proprie parti per capire che fanno parte di noi. Molte donne mi chiedono cos’è la normalità: beh, non esiste, perché tutte siamo diverse, valide e uniche così come siamo. Le invito ad ammirare e a non demonizzare in particolar modo il proprio organo sessuale, la vulva e la vagina, che purtroppo non possiamo vedere con la stessa facilità con cui gli uomini osservano il proprio pene, ma non per questo dobbiamo vergognarcene, anzi dobbiamo imparare ad ammirarle più e più volte, finché sembreranno normali, nostre, favolose. È solo una questione di esercizio, come tutto d’altronde, e più si fa più si capirà anche che punti dover toccare o far toccare al proprio partner.
2. Come fare a creare una buona intesa sessuale con il partner?
Innanzitutto è importante capire come vorrei essere toccat*, cosa mi eccita o cosa mi spaventa, che fantasie ho o cosa vorrei esplorare in quel momento. La base di ogni buon rapporto è la comunicazione e ciò è possibile solo se riesco ad esprimere ciò di cui ho bisogno. Il sesso ha sempre diversi livelli: fisici, ma anche emozionali, quindi bisogna essere sinceri, soprattutto con sé stess* e poi con il partner. Inoltre non c’è bisogno di spaventarsi se cambiano le nostre voglie, se per un periodo ci sentiamo più passionali o meno, il sesso è un processo di autoesplorazione che varia col tempo. Se la donna non ha un orgasmo non è colpa dell’uomo, così come se lui non ha una erezione non dipende dall’eccitazione che suscita lei, dipende da molti fattori, bisogna scoprirli insieme. Vivere una buona sessualità non significa per forza azione, ma può essere pure affetto, comprensione, fiducia, scambio equo tra chi dà e chi riceve piacere. Essere sessualmente liberi, significa saper esprimere i propri desideri e limiti, così come ascoltare e rispettare quelli altrui.

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Schatzi, schenk mir ein Foto

// Bettina Conci //
Die Verbreitung von Bildmaterial ohne Einwilligung der Betroffenen, seit 2019 eine Straftat und dementsprechend geahndet, hat während der Covid19-Pandemie zugenommen.
Schnelles Handeln ist gefragt, wenn man Opfer oder Zeugin bzw. Zeuge von mutmaßlich unerlaubter Verbreitung von Bildern oder Videos wird. Oft hilft es auch, sich mit anderen Opfern zusammenzutun. © Pexels / Andrea Piacquadio
Im Dezember 2020 machte das neu erstellte Instagram-Profil einer weiblichen Userin die Runde, die mit einigen wenigen Posts die Aufmerksamkeit so mancher Frau erregt haben dürfte. Darin beschuldigte sie einen Mann aus Brixen, seine Sexualpartnerinnen heimlich gefilmt, fotografiert und das Material weitergegeben zu haben, nannte ihn namentlich und forderte die betroffenen Frauen auf, sich bei ihr zu melden. Ihre Anschuldigungen unterlegte sie mit Screenshots, auf denen der Mann recht gut zu identifizieren war, nicht aber die Frauen, und der Frage „Wussten sie es?“
Unter den Kommentaren fanden sich nicht nur erstaunte bis entsetzte Reaktionen von Frauen. So mancher männliche Bekannte des Beschuldigten ergriff sofort Partei für den Angeklagten und bezichtigte die Userin der Lügen. Der Betroffene selbst veröffentlichte ein Video auf seinem Facebook-Account, in dem er sichtlich aufgeregt jegliche Schuld abstritt und von einem Hackerangriff auf seine Kamera redete. Keine vierundzwanzig Stunden später waren Posts und Profil der Userin verschwunden.
Während der Begriff Revenge porn für die unerlaubte Verbreitung von Foto- und Videomaterial aus Rache an Ex-Partnerinnen und Ex-Partnern, mit erpresserischer Absicht, aus verletztem Stolz oder einfach nur als Drohung oder Machtdemonstration zunehmend bekannt und gefürchtet ist, ist er ungenau und nicht ganz ungefährlich: Die Verwendung des Begriffs „Rache“ impliziert, dass die Tat als Reaktion auf ein fehlerhaftes Verhalten erfolgt, die Schuld wird dem Opfer zugeschoben, das wohl etwas provoziert hat. Was bei der Vergewaltigung der kurze Rock, ist hier etwas Unbestimmtes, das einen Racheakt rechtfertigt oder zumindest erklärlich macht. Dadurch, dass die Tat mit Pornographie in Verbindung gebracht wird, unterminiert und kritisiert er Frauen, die von ihrem Recht auf freies Ausleben ihrer Sexualität Gebrauch machen.
Aber reden wir Klartext: Die Verbreitung von Bildmaterial ohne Einwilligung der Betroffenen ist genauso strafbar wie andere Gewalttaten (siehe u.a. Art. 2 der Verfassung, Art. 2059 des Zivilgesetzbuches, Art. 612 ter des Strafgesetzbuches sowie Art. 10 des Gesetzes 69 vom 19.07.2019). Seit der Einführung des so genannten Codice rosso-Gesetzes im Jahr 2019 stellt das beschriebene Verhalten in Italien einen Strafbestand dar. Den Tätern drohen nun bis zu sechs Jahre Haft und Geldstrafen zwischen 5.000 und 15.000 Euro.
Auch in Südtirol ist das Bewusstsein für die Problematik angekommen: Noch im selben Jahr wurde ein von der Freien Universität Bozen geleitetes internationales Forschungsprojekt gestartet, um das Phänomen der Verbreitung und Verwendung intimer Bilder oder Videos ohne Einwilligung der Betroffenen zu untersuchen, unter besonderer Berücksichtigung der psychologischen Auswirkungen auf die Opfer. Unter dem Link creep.projects.unibz.it/survey kann man noch bis Ende Juli 2021 an der Umfrage teilnehmen.
In gesellschaftlicher Hinsicht liegen dem Phänomen mehrere problematische Muster zugrunde, die es aufzubrechen gilt, unter anderem die Tatsache, dass Frauen für ihr Privatleben eher Rechenschaft ablegen müssen als Männer. Ein Stigma, mit dem Frauen in allen Kulturkreisen leben, wie verschiedene Studien beweisen, die in Australien und den USA durchgeführt wurden, wo zehn Prozent der Bevölkerung (Australien) bzw. acht Prozent (USA) zum Opfer von Verbreitung pornographischen Bildmaterials ohne ihre Einwilligung wurden (Henry, Powell & Flynn, 2017 / Ruvalcaba & Eaton, 2020).
Die BBC stellte bereits im September 2020 fest, dass die Zahl der gemeldeten Fälle die des Vorjahres um 22 Prozent überstieg, was wohl auf die Pandemie und den damit verbundenen Lockdown zurückzuführen war. Auch die Bilanz der italienischen Polizei fiel ein Jahr nach der Einführung des Codice rosso ernüchternd aus: Höhepunkt der Zahl an Meldungen von Straftaten, die unter dieses Gesetz fielen, war die Zeit unmittelbar nach dem Lockdown. Insgesamt waren es 781 im Laufe eines Jahres, 81 Prozent der Opfer waren Frauen.
Covid-19 ließ alle Arten häuslicher und sonstiger Gewalt gegen Frauen (oder allgemein Schwächere) ansteigen, folgerichtig auch Verbrechen im Zusammenhang mit den neuen Technologien wie die Verbreitung von Bildmaterial ohne Zustimmung.
Im April 2021 tauchte auf Instagram ein neues Profil auf, auf dem der Südtiroler, der wenige Monate zuvor beschuldigt worden war, pornographisches Bildmaterial von Frauen ohne deren Zustimmung verbreitet zu haben, ein Video hochlud. Darin las er recht lustlos eine kurze Rede von einem Zettel ab, in der er zugab, dass die Anschuldigungen in allen Punkten zutrafen, und entschuldigte sich bei den Frauen, die er hintergangen hatte. Offensichtlich war die Info, eine Straftat begangen zu haben, auch zu ihm durchgesickert – was heißt, dass der kreative Ansatz der Userin, in den sozialen Medien zurückzuschlagen und sich mit anderen Opfern zu verbünden, etwas bewirkt hatte.
Das sagt die Post- und Kommunikationspolizei


Verbrechen gegen Frauen im Zusammenhang mit dem Internet sind umgehend der Postpolizei zu melden – vor allem, weil es sehr schwierig ist, der Weiterverbreitung von Bildmaterial Einhalt zu gebieten, wenn die Bilder erst einmal in Umlauf gebracht sind. Dies ist unter der Telefonnummer 0471 531 413, auf der Webseite www.commissariatodips.it/segnalazioni/segnala-online oder bei der örtlichen Dienststelle der Polizei möglich. Hier einige Tipps von den Ordnungskräften:
Jegliche Dokumentation der eigenen Privatsphäre vermeiden.
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Inhalte aus sozialen Netzwerken entfernen, indem man bei den betreffenden Betreibern darum ansucht.
Ebenso ist eine Deindizierung von Inhalten möglich (z.B. durch eine Anfrage an Google), womit die Inhalte auch aus Suchmaschinen gelöscht werden.